Le buone RSA esistono e sono un bene da tutelare

Le buone RSA esistono e sono un bene da tutelare
Marco Trabucchi ci invita a riflettere razionalmente su un modello di intervento che preveda per gli anziani sia cure domiciliari che ricoveri in strutture specialistiche

La lettera del professor Marco Trabucchi pubblicata sul quotidiano Avvenire, domenica 19 aprile 2020.
Il professor Marco Trabucchi, psicogeriatra di fama internazionale ed autorevole esperto dei problemi della Terza Età, è intervenuto sulle pagine del quotidiano Avvenire di domenica 19 aprile 2020 in merito alla organizzazione e gestione delle Residenze Sanitarie Assistenziali che, nel nostro Paese, ospitano anziani non autosufficienti affetti da patologie croniche e oggi, a causa di alcuni episodi di malasanità, sono nel mirino delle magistrature. Nel testo del suo intervento, Trabucchi invita a non fare di tutta l’erba un fascio e a non buttare a mare il modello di intervento sanitario fin qui realizzato nella gran parte delle RSA, dove, in questi giorni di emergenza Covid-19, gestori e operatori compiono piccoli e grandi miracoli.

 

“Sono convinto anch’io che vi siano nuovi modelli da proporre, ma in questo momento – scrive Trabucchi sulle pagine di Avvenire – si rischia di diffondere l’idea che quanto viene fatto oggi sia soltanto carico di errori, a danno degli ospiti di tutte le strutture. Pensiamo, invece, alle molte migliaia di operatori generosi e disponibili, che in queste settimane non si sono mai tirati indietro: diffondere l’idea che anche il loro lavoro appartenga a un ‘modello da superare’ non è la maniera migliore per ringraziarli e per rinfrancarli sulla qualità del loro impegno giornaliero”.

 

Lo studioso prosegue ricordando che anche se “sarà necessario sollecitare una discussione concreta e realistica su quanto modificare nella vita organizzativa delle residenze per anziani […] si deve fare i conti con il fatto che non vi è alcuna possibilità di affrontare la cura degli anziani senza un sistema organizzato, adeguato al trattamento delle patologie che, in genere, affliggono molti di loro. Insistendo su alternative domiciliari anche per gli anziani gravemente ammalati, rischiamo di riprodurre lo stesso dibattito che ci ha preoccupato, in queste settimane di pandemia, sull’opportunità di curare o meno le persone più compromesse[…]. Un mio caro maestro, professor Achille Ardigò, teorizzava strutture piccole, diffuse nel territorio, affidate alle cure delle comunità. Purtroppo, però, questo modello deve fare oggi i conti con gli aspetti economici conseguenti a un’organizzazione assistenziale seria. Quando si afferma che le dimensioni ottimali sono quelle di 100-120 posti non lo si fa per motivi astratti, ma perché rappresentano il migliore punto di equilibrio tra le esigenze economiche (cioè la possibilità di fornire cure qualificate sul piano clinico, assistenziale, psicologico) e quelle umane”.

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